1 La lebbra e il morbo di Hansen
La lebbra è una delle malattie più antiche a noi nota. È stata spesso associata allo stigma religioso e sociale e, in seguito allo sviluppo dei sintomi e alla formulazione della diagnosi, i soggetti affetti da questa malattia in tutto il mondo hanno avuto ripercussioni vaste e durature per il resto delle loro vite.

Sia nella comunità medica che tra la popolazione generale, la malattia è stata conosciuta con diversi nomi nel corso dei secoli. Sebbene la lebbra sia considerata una delle malattie note più antiche, fu chiaramente contraddistinta dalle altre affezioni a carico della pelle soltanto a partire dal XIX secolo. Fino ad allora, molti dei soggetti che si riteneva fossero affetti dalla lebbra probabilmente avevano altre malattie come la sifilide, il cancro della pelle, la tubercolosi cutanea e determinate forme di scabbia.

Alcune definizioni precedentemente utilizzate per descrivere la malattia o i malati sono state abbandonate perché ritenute irrispettose, oppure perché l’uso di termini diversi contribuisce a separare la comprensione medica della malattia dallo stigma tradizionale e dalle concezioni mitologiche a cui era associata, ad esempio rispetto a quando veniva comunemente adoperato l’antico termine “lebbroso”.

Il termine “lebbra” ha ancora una definizione medica chiara ed è utilizzato in vaste aree del mondo. Tuttavia, in molti paesi il termine ufficiale è ora “morbo di Hansen”, dal nome di Gerhard Armauer Hansen, medico di Bergen che nel 1873 riuscì a identificare il batterio responsabile della lebbra.

Quando si parla di lebbra, è importante essere consapevoli del modo in cui si utilizza la terminologia a essa associata. L’uso di termini corretti può contribuire a ridurre le problematiche di carattere sociale a cui vengono esposte ancora oggi le persone che ricevono una diagnosi di lebbra. Al giorno d’oggi definire “lebbroso” un malato di lebbra sarebbe impensabile oltre che estremamente offensivo. Sebbene la malattia possa essere curata e la sua incidenza sia in forte declino in tutto il mondo, i soggetti che contraggono la lebbra e i loro familiari sono ancora vittime di pregiudizi e discriminazione. L’ignoranza mostrata nei confronti della malattia e le concezioni e i tabù ormai obsoleti rappresentano spesso un ostacolo al trattamento. Si può pertanto affermare che oggi la lebbra sia più una sfida di natura sociale che medica.

Questa mostra mette in luce sia gli aspetti medici che sociali e il St Jørgens Hospital (Ospedale di San Giorgio) illustra diversi aspetti legati alla storia della malattia. D’altro canto, gli edifici rappresentano una parte importante della storia dell’assistenza sanitaria del passato, del progresso scientifico e del modo in cui l’impegno pubblico è servito da modello, nel bene e nel male, per la lotta contro la malattia in altri Paesi. Al tempo stesso, questi edifici storici rappresentano un monumento dedicato al destino di diverse migliaia di individui e sono un luogo di riflessione e contemplazione per molte persone.

Illustrazione 1: La ricerca sulla lebbra a Bergen, e in particolar modo la scoperta da parte di Gerhard Armauer Hansen del batterio responsabile della lebbra, ha suscitato interesse al livello internazionale per oltre un secolo. Nel 1901, “colleghi e amici di tutti i Paesi” hanno eretto un busto di Hansen, che si trova nei giardini botanici di Bergen.

2 Lebbra
La lebbra è una malattia infettiva cronica causata dal batterio della lebbra, il Mycobacterium leprae. L’infezione si trasmette principalmente attraverso le goccioline che fuoriescono dalla bocca o dal naso di un malato, entrando nelle vie respiratorie delle persone circostanti; tuttavia, il rischio di infezione è basso. Normalmente l’infezione si trasmette solo attraverso il contatto ravvicinato e prolungato con persone affette da lebbra non trattata, e solo una piccola percentuale dei soggetti che vengono infettati sviluppa sintomatologia. Oltre al batterio, devono essere presenti diverse condizioni affinché la malattia si sviluppi. La malnutrizione, e in particolar modo la carenza di proteine, è un fattore chiave in molti casi. Anche la componente genetica è determinante e si ritiene che gran parte della popolazione abbia un’immunità naturale e che quindi non possa sviluppare la lebbra in nessun caso.

Per quanto concerne la sintomatologia e l’aspettativa di vita, esistono grandi differenze tra coloro che sviluppano la malattia attiva; tuttavia, per molti pazienti la malattia si manifesta lentamente e ha una lunga durata. Il periodo di incubazione può variare da circa un anno a oltre 20 anni, ma generalmente occorrono 3–5 anni dall’infezione affinché si manifestino i primi sintomi. La lebbra interessa principalmente la cute, le membrane mucose del tratto respiratorio superiore, gli occhi e i nervi periferici. Oggi la lebbra può essere curata attraverso la combinazione di diversi tipi di antibiotici. Tuttavia, se non trattata, con il passare del tempo i soggetti affetti possono sviluppare varie lesioni e carenze funzionali. In passato le varie complicanze associate alla malattia potevano rivelarsi fatali.

Lo sviluppo della malattia dipende da diversi fattori come la carica batterica e la risposta immunitaria del singolo paziente. I sintomi possono manifestarsi in vari modi e gradi, e tradizionalmente è stata introdotta una distinzione tra i due principali tipi di lebbra: quella lepromatosa e quella tubercoloide.

La lebbra lepromatosa si sviluppa in soggetti con un sistema immunitario altamente compromesso e spesso l’infezione si manifesta con caratteristici noduli sulla pelle. Molti pazienti possono attraversare fasi prolungate in cui l’infezione è meno attiva, tuttavia le riacutizzazioni regolari provocano un progressivo deterioramento dell’aspetto e della salute del paziente. I noduli spesso compaiono sul viso e sulle mani, ma possono estendersi anche agli organi interni. L’eventuale presenza di noduli nella trachea, nelle corde vocali e nei canali uditivi possono causare raucedine, difficoltà respiratorie e udito debole.

La lebbra tubercoloide colpisce principalmente il sistema nervoso periferico e in particolar modo i nervi sensoriali nella cute. Questo causa mancanza di sensibilità, o anestesia, che a sua volta può comportare il rischio di ustioni, tagli e lesioni da stress, tipicamente a carico di mani e piedi. In seguito alle ulcerazioni frequenti e alle infezioni persistenti, con il passare del tempo le dita delle mani e dei piedi possono subire danni significativi, compreso a carico di ossa e cartilagini. Il deterioramento della cartilagine nel naso e nella gola può causare raucedine e problemi respiratori. Inoltre i danni si estendono a molti dei riflessi naturali del corpo e alla motricità fine, e i pazienti possono sviluppare una paresi facciale e la caratteristica deturpazione del volto. Molti pazienti contraggono infezioni oculari che portano gradualmente alla cecità.

Illustrazione 1: Un paziente del St Jørgens Hospital affetto da lebbra lepromatosa. Acquerello di J L Losting del 1840 circa, Atlas Colorié de Spedalskhed.

Illustrazione 2: Un paziente del St Jørgens Hospital affetto da lebbra tubercoloide. Acquerello di J L Losting del 1840 circa, Atlas Colorié de Spedalskhed.

Oggetti 1–2: Modelli in cera: un dono ai colleghi di Bergen del medico tedesco Oscar Lassar (1849–1907).

3 Il St. Jørgens Hospital prima del 1700
Il St. Jørgens Hospital è la più antica fondazione in Norvegia ed uno dei primissimi ospedali a essere aperti in tutta la Scandinavia. Il St. Jørgens Hospital è citato per la prima volta in due documenti testamentari anseatici, risalenti rispettivamente al 1411 e al 1416: nel primo viene definito “l’ospedale presso il Convento di Nonneseter, mentre nel secondo è semplicemente il nuovo ospedale”. Il nome St. Jørgens Hospital compare per la prima volta nel 1438.

Bisogna tuttavia tenere presente che il termine “ospedale” aveva all’epoca un significato diverso da quello odierno. Deriva dal latino hospitalis, che significa semplicemente “per un ospite”, e poteva essere usato per descrivere qualsiasi luogo che offrisse un riparo. Poteva trattarsi di alloggi per pellegrini o di ospizi, ma molti ospedali erano specializzati nell’accoglienza di ospiti con qualche problema di carattere medico. L’assistenza offerta da questi ospedali ai malati era di diversa natura: variava da un semplice riparo all’offerta di provvedere ai pasti e ad altre necessità, fino alla fornitura di qualche tipo di trattamento.

Il St. Jørgens era questo tipo di punto di accoglienza fino al XIX secolo, quando iniziò a trasformarsi gradualmente in qualcosa di più simile a un ospedale nel senso moderno del termine. Ecco perché definiamo ancora oggi “residenti” le persone che vi abitano, piuttosto che “pazienti”.

Si presume che l’ospedale sia stato gestito dal Convento di Nonneseter di Bergen fino alla Riforma del 1536. Come molti altri ospedali medievali in Europa, il St. Jørgens era situato fuori dal centro città.

A seguito della Riforma, tutte le proprietà monastiche furono confiscate dalla Corona. Nel 1545, il St. Jørgens Hospital venne istituito formalmente come fondazione reale con il concomitante trasferimento di tutte le precedenti proprietà monastiche come parte del suo capitale iniziale. Allo stesso tempo, il St. Jørgens iniziò a essere definito come un ospedale generale che avrebbe accolto persone con diversi problemi di salute.

Nel 1640 un incendio catastrofico rase al suolo l’intera area che va da Vågsbunnen, presso il porto, fino al St. Jørgens. Nell’ospedale, “17 persone morirono arse vive”. Nell’incendio probabilmente andò distrutto anche ciò che rimaneva degli edifici medioevali. I registri dell’ospedale del 1654 parlano di tempi difficili. L’ospedale aveva poche entrate ed era gravato da pesanti debiti, i suoi edifici versavano in condizioni precarie ma accoglieva comunque numerosissimi residenti, per la maggior parte affetti da lebbra. Le misure di contenimento dei costi influirono sulla gestione dell’ospedale fino al 1700.

Illustrazione: I registri del St. Jørgens dal 1654.

Oggetti: Secchi antincendio degli anni ’50 del 1700.

4 Nel XVIII secolo un nuovo ospedale sorge dalle ceneri
Il 19 maggio 1702 Bergen venne colpita dall’incendio più vasto e distruttivo a memoria d’uomo. Circa l’80 per cento della città venne rasa al suolo e il St. Jørgens Hospital fu ridotto, ancora una volta, in rovina. I 58 residenti vennero trasferiti in un alloggio insieme ai poveri della città per diversi mesi. All’inizio dell’inverno fu possibile trasferirli nell’edificio principale del nuovo complesso ospedaliero, i cui lavori di costruzione vennero completati solo l’anno seguente. Molti indizi suggeriscono che la ricostruzione venne realizzata in gran fretta e ci si rese ben presto conto che il nuovo edificio non rappresentava una soluzione soddisfacente. Fu pertanto demolito nel 1754 e sostituito con l’edificio attuale.

Il numero dei residenti crebbe rapidamente nel corso del XVIII secolo, passando da 58 nel 1702 a 90 nel 1745. Un decennio più tardi, quando il nuovo edificio centrale era già in uso da un anno, il numero dei ricoverati crebbe ancora fino a raggiungere quota 140. Il St. Jørgens era uno degli ospedali più grandi della Norvegia oltre che un’istituzione di primaria importanza nella Bergen nel XVIII secolo. L’edificio principale del 1754 venne descritto come “uno dei più grandi e prominenti della città”.

Illustrazione 1: Quando venne eretto, l’ospedale del 1754 era uno degli edifici più grandi della città. La sua architettura richiamava quella di altri edifici istituzionali europei contemporanei, con ampi spazi comuni e piccole stanze di degenza adiacenti distribuite su due piani.

Illustrazione 2: Il St. Jørgens Hospital nei disegni di Johan Lindstrøm e Nils Tvedt, con l’indicazione delle misure. 1921.             

Illustrazione 3: Disegno prospettico di Bergen del 1740. Il St. Jørgens Hospital è contrassegnato con il numero 13.                                                                                                   

5 Il St. Jørgens Hospital attorno al 1800
Nel corso della sua storia l’ospedale si trovò sempre ad affrontare momenti difficili e ristrettezze economiche. Le entrate provenivano soprattutto dalle aziende agricole possedute dalla fondazione nella Norvegia occidentale, che tuttavia producevano introiti limitati e di difficile riscossione. Anche le donazioni benefiche dei cittadini tendevano a scemare nei periodi economici più difficili. Una misura di risparmio introdotta già nel 1654 prevedeva il pagamento di un’indennità di sussistenza direttamente ai residenti, che dovevano poi provvedere personalmente alle proprie spese personali. Questi provvedimenti per economizzare, tuttavia, non furono sufficienti a impedire che l’amministrazione restasse in arretrato con i pagamenti, spesso per anni.

Nel 1816 il cappellano dell’ospedale, Johan Ernst Welhaven (1775-1828) pubblicò una preoccupante relazione sulle condizioni all’interno dell’istituto. I residenti non ricevevano alcuna forma di assistenza infermieristica e non disponevano di denaro a sufficienza per acquistare il cibo. Nella sua relazione Welhaven descrive l’ospedale come un cimitero per i vivi.

La relazione di Welhaven fu la scintilla che, nel XIX secolo, diede inizio all’impegno pubblico contro la lebbra. L’anno successivo alla pubblicazione della relazione, lo stato decise di dotare l’ospedale di un presidio medico finalizzato alla lotta alla lebbra e finanziato dalla città di Bergen oltre che dalle regioni circostanti. Sarebbe stato assunto un medico, il personale sarebbe stato incrementato e i residenti avrebbero ricevuto cure gratuite. Anche se i progressi erano modesti per quanto riguarda i trattamenti disponibili, questi cambiamenti si rivelarono tra i più importanti nella storia dell’ospedale. Con le decisioni del 1817, il giovane stato norvegese aveva dato il segnale che le problematiche dei residenti ricadevano sotto la responsabilità delle autorità pubbliche e che aveva progetti sia per il trattamento dei pazienti affetti da lebbra sia per la gestione del St. Jørgens Hospital.

Illustrazione 1: Nel rapporto del 1816, il cappellano dell’ospedale descrisse sia le condizioni degradanti del St. Jørgens che di molti degli sfortunati residenti. Johanne Tollefsdatter era ricoverata dal 1780.

Illustrazione 2: Anna Svensdatter era un’altra residente che soffrì per la mancanza di cure adeguate. Secondo Welhaven, aveva gli occhi gonfi e pieni di un liquido grigio e viscido. Aveva molte piaghe aperte con croste dure.

Oggetto 1: Cassetta di raccolta delle elemosine del St. Jørgens del 1778.

6 L’inizio dell’impegno pubblico per la lebbra nel XIX secolo
Nel 1832, il medico militare Johan Hjort (1798-1873) intraprese un viaggio attraverso la Norvegia. Il suo obiettivo era studiare lo stato di salute delle persone e le istituzioni sanitarie lungo la costa norvegese, prestando particolare attenzione alla lebbra. Hjort pubblicò un rapporto completo nel 1833, in cui sottolineava che il St. Jørgens Hospital era insalubre e assolutamente privo di bagni e i suoi edifici versavano in condizioni del tutto insoddisfacenti. Quando Hjort visitò l’ospedale, c’era ancora una piccola minoranza di residenti non affetti da lebbra. Si trattava per lo più di persone anziane che avevano pagato per un posto nell’ospedale. Hjort ebbe modo di constatare che i residenti sani e malati vivevano a stretto contatto, c’era promiscuità tra maschi e femmine e si faceva abuso di alcol, il che portava a intemperanze e disordini.

Hjort non era l’unico a sottolineare che la situazione era sia riprovevole che caotica. Al suo seguirono molti altri rapporti e nel 1836 venne condotto il primo censimento nazionale delle persone affette da lebbra. Verso la fine degli anni 30 del 1800, il parlamento norvegese, lo Storting, approvò la prima risoluzione per la costruzione di nuovi ospedali pubblici destinati ai malati di lebbra.

Illustrazione 1: Una delle due cucine dell’ospedale negli anni ’30 del 1900. Dopo l’ispezione condotta un secolo prima, il medico militare Hjort aveva scritto che questi ambienti erano teatro di “considerevole disordine e sporcizia”, in particolare a causa della pulizia e sventramento delle aringhe e di altri tipi di pesce che, secondo Hjort, rappresentavano il “cibo più comune” per i residenti.

Illustrazione 2: Il reparto principale fotografato negli anni ’30 del 1900. Hjort definì questa stanza il grande laboratorio. “I ricoverati maschi era innanzitutto impiegati nella produzione di scarpe, fiammiferi e altri tipi di oggetti in legno, che successivamente potevano portare in città per venderli in proprio”.                                                                                   

Oggetti 2-3: lama per il salasso e lancetta a molla.

7 La ricerca sulla lebbra in Norvegia negli anni 40 e 50 del 1800
Nel 1839 il dottor Carl Wilhelm Boeck (1808-1875) ricevette una borsa di studio per studiare la lebbra in Norvegia e i provvedimenti adottati in altri Paesi per combatterla. Boeck diede avvio alla sua ricerca con una visita al St. Jørgens Hospital dove avviò una collaborazione formale con Daniel Cornelius Danielssen (1815-1894). Danielssen era un medico militare di nuova nomina, ma dall’autunno del 1839 aveva anche già condotto studi sui pazienti affetti da lebbra al St. Jørgens. Su proposta di Boeck, Danielssen fu assunto come medico ospedaliero al St. Jørgens nel gennaio 1841. Poche settimane dopo ricevette uno stipendio statale che gli permise di dedicarsi a tempo pieno allo studio della malattia. Questa cooperazione tra Danielssen e Boeck avrebbe rappresentato per molti anni il fondamento della ricerca internazionale sulla lebbra.

Boeck raccomandò al parlamento norvegese, lo Storting, di intensificare i suoi sforzi per istituire nuovi centri per i malati di lebbra. Nel 1845 lo Storting finanziò la costruzione del Lungegaards Hospital di Bergen, che doveva essere un centro di cura per pazienti ai primi stadi della malattia o colpiti in modo lieve dalla stessa. Fu anche stabilito che i risultati delle ricerche di Danielssen e Boeck sarebbero stati pubblicati a spese dello Stato.

Illustrazione 1: Dal 1839, il giovane Daniel Cornelius Danielssen (1815-1894) si impegnò profondamente nello studio dei ricoverati al St. Jørgens.

Illustrazione 2: Carl Wilhelm Boeck (1808-1875), con i suoi studi all’estero, costituì un’importante base per il lavoro pubblico sulla lebbra.

8Sulla lebbra
Lo studio monografico di Danielssen e Boeck Om Spedalskhet (Sulla lebbra) venne pubblicato nel 1847. L’opera venne accompagnata da “Atlas Colorié de Spedalskhed”, una raccolta di illustrazioni a cura dell’artista di Bergen Johan Ludvig Losting (1810–1876). Le illustrazioni di Losting mostravano casi tipici del St. Jørgens Hospital insieme a una serie di preparati macro e microscopici.

Lo studio monografico del 1847 è il primo trattato moderno sulla malattia. Mentre in precedenza non era chiaro a cosa ci si riferisse di preciso con il termine lebbra, la pubblicazione del 1847 ne stabilì una diagnosi specifica e inequivocabile al tempo stesso. Danielssen e Boeck fornirono anche una panoramica storica insieme a descrizioni approfondite di alcuni casi e sollevarono questioni che si sarebbero dimostrate di grande importanza nella ricerca sulla lebbra fino ai giorni nostri.

Una domanda fondamentale al centro del loro lavoro concerneva la causa della malattia. Danielssen e Boeck avevano sottolineato l’importanza di descrivere la lebbra come una malattia specifica e non solo come una condizione generica diffusa tra i contadini norvegesi denutriti e con scarse pratiche igieniche. Regnava tuttavia una grande incertezza su quale fosse la vera causa della malattia. Danielssen aveva osservato che una grande percentuale dei pazienti del St. Jørgens aveva altri parenti affetti da lebbra e aveva identificato diverse “famiglie lebbrose” nella Norvegia occidentale in cui la malattia era presente da molte generazioni. Non c’erano informazioni sufficienti per indicare che la malattia fosse contagiosa. Le infermiere sane e gli altri residenti del St. Jørgens non sembravano infettarsi. Danielssen concluse che la lebbra era una malattia ereditaria del sangue. Dichiarò che la malattia si poteva probabilmente contrarre anche in seguito a uno stile di vita irresponsabile, ma che veniva principalmente trasmessa dai genitori ai figli.

Illustrazione 1: a) Una mano caratteristica della lebbra tubercoloide. La maggior parte delle dita è deperita a causa della necrosi totale delle falangi. b) Lingua con epiglottide e parte della gola, caratteristica della lebbra lepromatosa. Sulla lingua e sul bordo dell’epiglottide sono presenti noduli bianco-giallastri.

Illustrazione 2: Utero con ovaie e tube di Fallopio, con un legamento su cui si possono notare piccoli noduli bianco-giallastri. Le tube di Fallopio sono piene di noduli che sembrano assumere la forma di un rosario.

Illustrazione 3: I diversi stadi della lebbra lepromatosa negli occhi.

Illustrazione 4: Un ragazzo di 12 anni in cui le macchie arrotondate, cremisi e un po’ bluastre tipiche della lebbra lepromatosa sono ancora più pronunciate dopo essere scomparse più volte per periodi brevi o lunghi. In questo caso, le macchie non sono ancora in rilievo rispetto alla pelle circostante e non scompaiono più quando vi si applica pressione con le dita.

Illustrazioni di J L Losting. Tratte dall’Atlas Colorié de Spedalskhed

Oggetto 1: Sega per amputazioni della metà del XIX secolo.

Oggetto 2: Attrezzatura chirurgica della metà del XIX secolo.

9 Gli istituti pubblici e la lebbra
La teoria dell’ereditarietà della malattia ha influenzato il lavoro sulla lebbra in Norvegia per diversi anni. L’obiettivo perseguito fu l’isolamento dei giovani affetti prima che potessero farsi una famiglia e quindi perpetuare la malattia nei figli, anche se appariva chiaro che fossero necessari ulteriori studi sulla malattia. Nel 1845 lo Storting stanziò dei fondi per la costruzione del Lungegaard Hospital che il 1° ottobre 1849 iniziò ad accogliere i primi pazienti. Danielssen allora divenne il Primario dell’unico ospedale di ricerca costruito per il trattamento di una singola malattia nella storia della Norvegia.

Negli anni successivi sarebbero sorti numerosi altri ospedali specializzati. Il Reknes Hospital alle porte di Molde esisteva fin dall’inizio del XVIII secolo, ma venne allora ristrutturato e trasformato in un moderno ospedale dedicato alla cura della lebbra. Nel 1861 venne inaugurato il nuovo Reitgjerdet Hospital nei pressi di Trondheim. Il fiore all’occhiello tra i nuovi centri dedicati al trattamento della lebbra nel XIX secolo era tuttavia il Pleiestiftelsen for Spedalske No. 1 (Fondazione infermieristica n. 1 per pazienti affetti da lebbra) di Bergen, che venne inaugurato nel 1857.

Dalla metà del XIX secolo Bergen vantava tre centri dedicati alla lebbra e la più grande concentrazione di persone colpite dalla lebbra in Europa. Grazie a importanti sovvenzioni pubbliche e un ambiente istituzionale unico, lo stato norvegese aveva promosso la ricerca. Queste priorità avrebbero prodotto risultati sensazionali nel corso di pochi decenni.

Illustrazione 1: La costruzione del Lungegaards a Bergen venne completata nel 1849. L’ospedale di ricerca era riservato a curare i casi leggeri o i primi sintomi della malattia. Molti pazienti chiedevano di essere ammessi qui perché l’ospedale era noto come un centro di cura. Alcuni pazienti vennero dimessi, ma nella maggior parte dei casi il ricovero presso il Lungegaards segnò l’inizio di molti anni di isolamento.

Illustrazione 2: Reitgjerdet vicino a Trondheim venne fondato nel 1861 come istituto gestito dallo stato per l’assistenza a pazienti con lebbra.     

Illustrazione 3: Daniel Cornelius Danielssen fu la forza politica che lanciò l’offensiva contro la lebbra. Fu durante questo periodo che la lebbra divenne un caso di priorità economica per il governo. La teoria dell’ereditarietà della malattia esposta da Danielssen influenzò sia la creazione che la gestione di nuovi istituti per la lebbra nella metà del XIX secolo.

Oggetto 1: Cartelli del Pleiestiftelsen for spedalske No. 1: Laboratorio. Biblioteca dei pazienti La sala d’attesa del Primario.

10 Pleiestiftelsen for spedalske No. 1
Questa fondazione infermieristica, inaugurata nel 1857, era uno degli ospedali più grandi della Norvegia e uno dei più grandi edifici in legno del Paese. Era in grado di accogliere 280 pazienti in 40 camere da 7 letti ciascuna. La struttura era considerata esemplare da molti esponenti della comunità medica e le planimetrie vennero riprodotte in pubblicazioni internazionali come esempio da seguire.

La fondazione infermieristica era destinata ai pazienti malati di lebbra non guaribili che avrebbero dovuto trascorrere il resto della loro vita presso un istituto. Il centro aveva una cattiva reputazione tra i pazienti. La disciplina era molto rigida e le possibilità di essere dimessi estremamente limitate. Quando i residenti non erano impegnati nei laboratori, talvolta venivano chiusi a chiave nelle loro stanze. Le condizioni migliorarono gradatamente, tuttavia la reputazione di coercizione del centro medico perdurò per tutto il XX secolo.

Illustrazione 1: Piano del Pleiestiftelsen.      

Illustrazione 2: Regolamento domestico del Pleiestiftelsen.                                                                               

Illustrazione 3: Pleiestiftelsen for spedalske No. 1

Oggetto 2: Un vasetto di unguento del St. Jørgens del 1873 e flaconi di medicinali del Pleiestiftelsen per spedalske n. 1.

11 Il Registro nazionale norvegese della lebbra
Nel 1854 venne fondata Una nuova istituzione statale. Il Direttore sanitario per la lebbra venne incaricato di monitorare e coordinare gli sforzi pubblici nella lotta contro la malattia. Ove G Hoegh (1814–1863) fu il primo medico a detenere questo titolo e iniziò presto a tenere un registro delle persone affette da lebbra in Norvegia. Il Registro nazionale norvegese della lebbra venne istituito ufficialmente nel 1856. Il suo scopo era, innanzitutto, di documentare la prevalenza della lebbra, in secondo luogo di ottenere informazioni sulle sue cause e in terzo luogo di gettare le basi per una valutazione in corso d’opera dell’impegno pubblico contro la malattia.

Dopo l’istituzione del registro, a tutti i medici distrettuali venne ordinato di registrare tutte le persone colpite nel loro distretto. Anche i pastori delle varie parrocchie dovevano aiutare in questo lavoro, se necessario. Le registrazioni locali dovevano includere nome, residenza, luogo di nascita, sesso, età, data di insorgenza della malattia, salute del coniuge e dei figli, eccetera.

I moduli di registrazione locali venivano poi inviati al Direttore sanitario per la lebbra alla fine di ogni anno. Il Direttore sanitario si serviva di queste informazioni per integrare e aggiornare il registro centrale per poi estrarne dati statistici. Ogni anno vennero pubblicate Tabelle delle persone affette da lebbra in Norvegia: rappresentavano una guida importante per il lavoro dello Stato contro la malattia. La gestione del registro della lebbra era un compito che richiedeva notevoli risorse e la sua istituzione un progetto pionieristico. Il Registro della lebbra fu con ogni probabilità il primo registro nazionale di pazienti al mondo e venne utilizzato come modello per registri simili in altri Paesi.

Illustrazioni 1-3: Registri locali e centrali dall’archivio del Direttore Medico.

Illustrazione 4: “Tabelle delle persone affette da lebbra in Norvegia”.

Oggetto: Modelli in cera di mani. Un dono ai colleghi di Bergen del medico tedesco Oscar Lassar (1849–1907).
Dall’alto in basso:
Mano le cui dita sono state perse in seguito alla necrosi.
Mano bloccata in una posizione tipica per la lebbra tubercoloide.
Mano di un paziente lepromatoso.

12
(Illustrazione dei nomi nel Registro della lebbra, 8.231 in totale)

13 Armauer Hansen e la scoperta del batterio della lebbra
Nel 1868, il giovane Gerhard Henrik Armauer Hansen (1841-1912) iniziò a lavorare come medico presso il Pleiestiftelsen for spedalske No. 1 e assistente medico presso il Lungegaards Hospital. Ben presto Hansen si convinse che la lebbra fosse una malattia infettiva. Pochi anni dopo, pubblicò diversi articoli in cui contestava la teoria di Danielssen, che sosteneva invece che fosse ereditaria.

La seconda metà del XIX secolo fu un periodo di importanti scoperte scientifiche in molti campi. Quando Armauer Hansen iniziò la sua carriera di ricercatore, la batteriologia era ancora agli albori. Nel 1873 Hansen giunse a una svolta nell’ambito della sua ricerca dell’agente infettivo e nel 1874 pubblicò il documento che sarebbe poi stato considerato la sua opera più importante: A Report to the Norwegian Medical Association in Christiania about a Journey Undertaken with the Support of the Association for the Purpose of Investigating the Causes of Leprosy (Relazione per l’Associazione medica norvegese a Christiania in merito a un percorso intrapreso con il supporto dell’associazione per indagare le cause della lebbra). In un documento di 88 pagine, Hansen espose le sue teorie microbiologiche e descrisse la scoperta del batterio della lebbra. Questo lavoro venne poi seguito da analisi epidemiologiche ed esempi tratti dal Registro norvegese della lebbra, che dimostravano che l’incidenza della malattia diminuiva più rapidamente nelle aree in cui l’isolamento dei pazienti era stato applicato in modo più rigoroso. La teoria a supporto di un agente infettivo si basava sia su studi microbiologici che su analisi epidemiologiche.

Questo fu un lavoro rivoluzionario. Armauer Hansen fu il primo studioso a descrivere un microorganismo come causa di una malattia cronica.

Illustrazione 1: Gerhard Armauer Hansen.

Illustrazione 2: Il batterio della lebbra – Mycobacterium leprae.

Illustrazione 3: La scoperta del batterio della lebbra da parte di Armauer Hansen si basava sia su studi microbiologici che su analisi del Registro nazionale norvegese della lebbra.

La prima descrizione di Armauer Hansen del batterio della lebbra, trovato nei lepromi di un paziente di 12 anni, Johannes Giil, 1866-1874: “Data: 28 febbraio 1873. Un nodulo prelevato con le forbici da ciascuna ala nasale e riposto su un vetro d’orologio meticolosamente pulito; incisione dei noduli; nessun rammollimento; raschiato la superficie di incisione con il bordo di un coltello e riposto le raschiature su un vetrino e, senza aggiungere fluido, allargato le raschiature premendo il vetrino coprioggetti. Quasi esclusivamente cellule rotonde, pochissime con granelli di grasso, molte a grana fine, altre contenenti molti corpi a forma di bastoncino, in parte delimitati da linee parallele e in parte appuntiti su entrambe le estremità, e quasi due volte più spessi rispetto agli altri attorno al centro. Corpi simili sono presenti in stato libero nei punti in cui la pressione esercitata dal vetrino coprioggetti ha causato la formazione di piccoli laghi circondati da cellule compatte; in questi laghi di siero, i corpi si muovono come dei batteri.”

14 La ricerca di prove
Armauer Hansen era consapevole di non avere prove sufficienti, per cui negli anni ’70 del XIX si dedicò instancabilmente alla ricerca di prove inconfutabili. Per diversi anni tentò di provare l’esistenza dell’agente infettivo realizzando esperimenti su terreni di coltura e infettando animali da laboratorio, ad esempio cani, conigli, gatti, scimmie e pesci. Negli anni ’50 e ’60 del XIX secolo, Danielssen aveva iniettato il sangue di alcuni pazienti a se stesso, al suo assistente, a una caposala, a tre infermiere e a un assistente maschio presso il Lungegaards Hospital, senza riuscire a provare alcun effetto infettivo. Nel novembre 1879 Hansen eseguì un esperimento su una paziente presso il Pleiestiftelsen for spedalske No. 1. L’obiettivo era vedere se Kari Nielsdatter, affetta da lebbra tubercoloide, fosse in grado di sviluppare un leproma negli occhi.

L’esperimento ebbe conseguenze catastrofiche. Armauer Hansen dovette comparire dinanzi a un giudice, che gli ordinò di abbandonare la sua mansione di primario presso l’ospedale alla fine del maggio 1881. Il processo contro Hansen fu il primo caso di tutela dei diritti dei pazienti a essere esaminato da un tribunale norvegese.

In qualità di Direttore sanitario per la lebbra, Hansen guidò le ricerche norvegesi in materia di lebbra fino alla sua morte, nel 1912. Nell’ambito del lavoro internazionale svolto sulla lebbra nel corso del XX secolo, fu considerato il simbolo della razionalità medica, in contrasto con lo stigma mitologico a cui la malattia era associata. Oggi Hansen è probabilmente la personalità norvegese più famosa al di fuori della Norvegia.

Illustrazione 1: Armauer Hansen ricoprì la carica di Direttore sanitario per la lebbra fino alla sua morte, che sopraggiunse nel 1912, all’età di 70 anni.                                                                             

Illustrazione 2: Il Laos è uno dei 24 Paesi che hanno emesso francobolli con il ritratto di Armauer Hansen. Nelle ricerche svolte in epoca moderna sulla lebbra, Hansen è considerato un simbolo di razionalità e umanità, valori in forte contrasto con gli stigmi da sempre associati alla malattia.           

Oggetti: Un microscopio e campioni su vetrini da microscopio.

15 La legislazione norvegese sulla lebbra
L’introduzione di una nuova legge sulla lebbra fu una delle principali conseguenze della scoperta del batterio della lebbra. Armauer Hansen assunse la carica di Direttore sanitario per la lebbra già dal 1875. In seguito alla scoperta dell’agente infettivo, nel 1877 fu approvata una nuova legge che proibiva alle persone con una diagnosi di lebbra di alloggiare presso gli agricoltori locali. Di conseguenza molti malati dovettero necessariamente farsi ricoverare. Inoltre le legge imponeva severe norme in materia di abbigliamento e biancheria da letto utilizzata dalle persone infette: ai sensi della nuova legge, questi capi non potevano essere riutilizzati da altre persone se non dopo essere stati puliti in conformità con le istruzioni della Commissione sanitaria locale. La violazione di queste disposizioni veniva punita con sanzioni pecuniarie.

Quando Hansen riuscì nel suo intento di far approvare una nuova legge più severa sulla lebbra nel 1885, si scatenò un acceso dibattito che durò diversi anni. La nuova legge prevedeva l’isolamento forzato, una misura che molti dei colleghi di Hansen ritenevano disumana e anticostituzionale. Tuttavia le disposizioni sull’ospedalizzazione forzata furono raramente applicate negli anni successivi, sebbene Armauer Hansen seguisse da vicino i pazienti isolati nelle proprie case. La legge del 1885 è servita da modello per le legislazioni corrispondenti di molti Paesi.

Illustrazione 1: Mappa della distribuzione della lebbra nel 1856 e 1890.

16 La Legge sulla lebbra del 1885
Legge sull’isolamento delle persone affette da lebbra e sulla loro ammissione in strutture pubbliche di cura e assistenza, ecc.

Noi Oscar, Re per grazia di Dio di Norvegia e Svezia, Re dei Wend e dei Goti

Con la presente rendiamo noto che ci è stata presentata la delibera del 25 aprile di quest’anno dello Storting, ora riunito, che recita come segue:

Sezione 1. Le persone a cui è stata diagnosticata la lebbra non potranno essere ospitate dai contadini locali.

Sezione 2. Le persone affette da lebbra che ricevono un sussidio per i poveri, nella misura in cui questo non sia temporaneo o limitato a una piccola parte del loro sostentamento (…) devono essere collocate in istituti pubblici di assistenza o cura. Qualora tali persone povere non siano collocate negli istituti di cui sopra, saranno inserite in strutture residenziali speciali o saranno assistite nel modo che la Commissione Sanitaria riterrà soddisfacente.

In caso di controversia sul fatto che l’assistenza ai poveri sia solo temporanea o che costituisca solo una piccola parte del sostentamento della persona affetta da lebbra, la questione sarà risolta con effetto definitivo dal Governatore della Contea.

Nel fornire assistenza alle persone affette da lebbra, la Commissione dei Poveri deve tenere conto del fatto che i coniugi che desiderano rimanere insieme non devono essere separati. La decisione della Commissione dei Poveri è comunque valida anche quando comporta tale separazione, se, avendo ascoltato l’opinione del parroco e del medico distrettuale, viene approvata dal Governatore della Contea.

Sezione 3. La Commissione Sanitaria può ordinare anche ad altre persone a cui è stata diagnosticata la lebbra di vivere in un soddisfacente isolamento dalla famiglia e dall’ambiente circostante, fermo restando che ciò non si applica ai contatti tra i coniugi. Se, a giudizio della Commissione, gli ordini ripetuti non sono rispettati, la persona in questione sarà obbligata ad accettare il ricovero in un istituto pubblico di cura o di assistenza. Se tale ricovero comporta la separazione dei coniugi, la decisione della Commissione Sanitaria sarà soggetta all’approvazione del Governatore della Contea, dopo che il parroco avrà espresso la sua opinione.

Sezione 4. Le spese per il ricovero dei malati di lebbra in istituti pubblici di cura o di assistenza ai sensi della sezione 3 sono a carico della contea o della municipalità urbana in questione; tuttavia, le spese per la riammissione di un malato di lebbra che abbia lasciato tale istituto senza l’autorizzazione del suo direttore sono a carico del malato stesso, a condizione che abbia i mezzi necessari.

Sezione 5. Ai sensi della presente legge, se necessario, il trasporto verso l’istituto in questione sarà effettuato dalle forze di polizia.

Sezione 6. Le stanze, gli abiti, le lenzuola e simili che sono stati utilizzati da una persona affetta da lebbra non devono essere utilizzati o passati ad altri finché non saranno stati puliti in conformità con i requisiti della Commissione Sanitaria locale. Le violazioni di questa disposizione saranno perseguite dalla polizia e punite con sanzioni pagabili alla tesoreria comunale.

Sezione 7. I medici che intraprendono viaggi in seguito a questa legge hanno diritto a un’indennità di viaggio e di soggiorno. L’indennità di viaggio sarà pagata dallo Stato, mentre l’indennità di soggiorno sarà a carico della contea o del comune in questione.

Sezione 8. Con la presente viene abrogata la legge relativa alle disposizioni per i poveri affetti da lebbra, ecc. del 26 maggio 1877.

Abbiamo adottato e confermato questa delibera come legge con la nostra firma e il sigillo del regno.

            Castello di Rosendal, 6 giugno 1885

Oscar

(L. S.)

___________                                                 ___________

O Richter                                                       Lehmann

17 La lebbra in Norvegia nel XX secolo
Quando Armauer Hansen morì nel 1912, la malattia era in rapido declino in Norvegia. Il numero di nuovi casi dopo il 1900 era stato moderato e molti dei vecchi ospedali statali per i malati di lebbra erano stati convertiti in ospedali per tubercolosi e sanatori. Tuttavia, molte persone affette da lebbra erano sopravvissute a lungo e il Pleiestiftelsen for Spedalske No. 1 di Bergen mantenne un reparto separato per i malati di lebbra fino alla morte dell’ultimo degente nel 1973.

La comunità di ricercatori di Bergen ha offerto importanti contributi alla ricerca internazionale sulla lebbra anche nel XX secolo. Hans Peter Lie (1862-1945), che assunse l’incarico di Direttore sanitario per la lebbra dopo la morte di Hansen nel 1912, pubblicò diverse opere sull’infezione lebbrosa e sulla storia della lebbra in Norvegia. In epoca moderna, il Registro norvegese delle persone affette da lebbra è stato digitalizzato e ha costituito la base per le analisi epidemiologiche storiche.

Illustrazione 1: Con ben 170 partecipanti, il Congresso sulla lebbra di Bergen del 1909 fu il più grande congresso internazionale mai organizzato nei paesi nordici all’epoca. Hansen, riconoscibile per la barba bianca, è seduto al centro in prima fila. Hans Peter Lie è alla sua destra.                                                          

18 L’ultimo residente di St. Jørgens
L’ultimo residente venne ammesso al St. Jørgens Hospital il 31 ottobre 1896. La piccola comunità si sarebbe estinta nei 50 anni successivi. Nel 1900 l’ospedale contava 43 residenti, 14 dei quali erano ancora vivi nel 1920 mentre nel 1930 ne rimanevano solo 5. Due residenti donne vissero fino al 1946. Una delle due, che proveniva da Fjell alle porte di Bergen, era stata ricoverata nel 1891. L’altra, originaria di Eivindvik a Sogne, era stata ammessa nel 1895. Dopo aver trascorso più di 50 anni al St. Jørgens, morirono a tre mesi di distanza l’una dall’altra all’età rispettivamente di 82 e 78 anni. Dopo essere stato in servizio per oltre 500 anni, il St. Jørgens era ora privo di residenti.

Illustrazione 1: Camera da letto del St. Jørgens negli anni ’30 del 1900.

Illustrazione 2: Una delle due cucine dell’ospedale negli anni ’30 del 1900.

Illustrazione 3: La Chiesa del St. Jørgens (San Giorgio). Quando le ultime due residenti morirono nel 1946, l’ospedale non venne più considerato una parrocchia a parte.

La maggior parte dei testi presenti nelle sale A-L sono citazioni o estratti di antiche fonti scritte. Riflettono quindi la comprensione e le percezioni che prevalevano all’epoca in cui sono stati scritti. Sia le informazioni fattuali che la terminologia utilizzata possono quindi essere in contrasto con ciò che sappiamo ed enfatizziamo oggi.

A
“Figura Q: Nilla Josephsdotter, 23 anni, della parrocchia di Førde. Questa ragazza, con lebbra in stadio molto avanzato, non era nata da genitori con lebbra, ma la bisnonna materna aveva sofferto molto per la malattia. La ragazza fu ricoverata in ospedale nel 1811, con sua sorella, che morì molto presto. Un’altra sorella, che era sposata e viveva in campagna con cinque figli piccoli, aveva iniziato a mostrare i sintomi della malattia solo di recente. Il muco che si accumulava nel petto e nelle vie respiratorie provocava una terribile congestione e una tosse insopportabile. Ciò era particolarmente evidente nella paziente Q, che durante le violente crisi di tosse temeva di soccombere presto alla morte per soffocamento.”

“Un altro notevole difetto nell’organizzazione di questo ospedale è che i residenti non vengono tenuti separati in alcun modo, così che malati e sani, uomini e donne, adulti e bambini vivono uno accanto all’altro. Questo porterà naturalmente a un grande disordine e renderà impossibile prevenire atti immorali. Di conseguenza, non è raro che le donne rimangano incinte. ”
(Medico militare Johan Hjort, 1833)

B
“Un ragazzo di 13 anni, i cui noduli sono completamente sviluppati e sono diventati confluenti in diversi punti, e per molti dei quali è iniziato il processo di rammollimento. Ha perso le sopracciglia. Ha sviluppato la malattia nel suo sesto anno di età.”

“La lebbra nodulare procede come segue: lentezza e rigidità degli arti, il che è particolarmente evidente quando il paziente deve muoversi dopo essere stato a riposo per un po’; una svogliatezza e una sonnolenza che, con l’avanzare della malattia, si trasformano in un irresistibile desiderio di dormire, a volte così pronunciato che il malato si addormenta nel mezzo di una conversazione, al lavoro o mentre consuma un pasto. A poco a poco, il corpo diventa sempre più un ingombro per il malato, è afflitto dal peso delle sue membra, che avverte a ogni movimento come piombo, e si sente incapace di lavorare; compare la depressione, e qualunque cosa gli piacesse nel passato, ora non è che un peso. ”            (Medico dell’ospedale Daniel C Danielssen, 1847)

C
”La piccola Bergen è una delle città più pittoresche e graziose d’Europa. Situata tra i fiordi di Sogne, è naturalmente un punto di interesse per i turisti inglesi in Norvegia. La città è circondata da alte colline su cui si inerpicano strade e sentieri. I piedi delle colline sono bagnati da un braccio di mare, al di sopra del quale si possono scorgere gli alberi dei pescherecci attraverso panorami con fogliami di un verde brillante. (…) La Norvegia, la grande e la bella, la terra di brezze tonificanti, di potenti fossili, di ghiacciai distanti, di fiordi di acqua salata che scorrono nell’entroterra per centocinquanta miglia; la Norvegia, la splendida e salutare, l’ultimo Paese in cui ci si aspetterebbe di incontrare una malattia così terribile come la lebbra, oggi è di fatto la sua sede europea. ”
(Testo della giornalista inglese Elizabeth Garnett, 1889)

Foto: Mathea Mevik era nata sull’isola di Frøya vicino a Trondheim nel 1866. Nel 1913, all’età di 47 anni, fu ricoverata al Pleiestiftelsen di Bergen, ma fu dimessa nel giugno del 1919, un mese dopo la morte del marito, che era stato ricoverato insieme a lei. Il 1° luglio 1920 ritornò in ospedale, dove rimase fino alla sua morte che la colse nel dicembre 1941 all’età di 75 anni.

D
“Figure L e M: Nils Knutsson, 27 anni, e Ingeborg Knuts Dotter, 12 anni, della parrocchia di Askevold. I due fratelli hanno genitori sani che sono ancora vivi e non sanno darsi una spiegazione della malattia dei loro figli. La ragazza, che ha solo 12 anni, soffre di lebbra già da due anni, ed è ora molto evidente. Oltre a una grande bolla sull’occhio destro, presenta anche una sporgenza cornea sul labbro inferiore, simile allo sperone di un galletto; ha il corpo estremamente dolorante e in condizioni pietose. ”

“Con l’aiuto di questi rimedi, la maggior parte dei residenti era in grado di realizzare una vasta gamma di prodotti artigianali, un lavoro per il quale altrimenti, nel loro stato miserabile, sarebbero stati del tutto inadatti, poiché la malattia avrebbe gradualmente ridotto l’energia e li avrebbe sottoposti a un dolore raccapricciante. Considerata la loro forza, i residenti sono persone laboriose; le donne filano lino, canapa e lana, cuciono, lavorano a maglia e tessono nastri di lana; gli uomini producono stivali e scarpe da pescatore e contadino, fiammiferi, chiodi per scarpe, piatti e secchi, nonché attrezzi agricoli e reti da pesca.”
(Cappellano dell’ospedale, Johan Ernst Welhaven, 1816)

E
“Figura K: Johan Jacobsen, 55 anni, della parrocchia di Hammer. Un uomo che ha perso quasi tutte le dita. All’età di 28 anni, avvertì i primi sintomi al pollice sinistro, come una puntura d’ago, e gradualmente le mani e i piedi divennero inabili, come si può vedere dal passo lento e trascinato; poi, a parte gli occhi rossi, non ha segni di lebbra in faccia e solo pochi sulle mani. Alcuni pazienti non hanno bolle sul corpo, sebbene siano presenti altri evidenti segni della lebbra. Come altre persone affette da lebbra, perdono presto le sopracciglia e sentono un particolare intorpidimento delle gambe e delle articolazioni, come dopo un’apoplessia, e molto dolore agli arti inferiori.”

“Nonostante la migliore volontà, preparazione e sforzo da parte del medico, è impossibile guarire i morti viventi. Il paziente viene probabilmente ricoverato in ospedale solo dopo diversi anni di malattia, con la lebbra ormai in stadio molto avanzato, come se fosse stato portato qui a morire ed essere sepolto in città; o se è più ricco può essere tenuto nascosto in campagna dai suoi parenti e amici, in triste attesa del giorno della sua morte e della sepoltura, purché preoccupati per la sua salute. La persona affetta da lebbra incurabile è quindi sempre infelice, sia che le sue circostanze siano migliori o peggiori. Dovrà rinunciare alla maggior parte dei suoi diritti umani e delle sue libertà; la felicità gli sfugge, come la vita stessa, e può trarre conforto e soddisfazione solo dalla certezza dell’inevitabile morte.”
(Cappellano dell’ospedale, Johan Ernst Welhaven, 1816)

F
“Figura X: Magdalena Elerts Dotter, 17 anni, della città di Bergen. È una figlia illegittima, sembra che il padre sia un marinaio francese, ed è stata cresciuta da poveri genitori adottivi qui in città; si presuppone anche che il padre di questa bambina possa essere stato affetto da malattie veneree, ma ciò non giustificherebbe l’affermazione secondo cui la malattia del padre sarebbe responsabile per la sua lebbra. La Commissione per i poveri decise che al sostentamento di questa ragazza avrebbe dovuto provvedere la cittadinanza, ma cinque anni fa, quando iniziarono a comparire sul viso e sui piedi i segni della lebbra, fu portata in ospedale, dove ora, come gli altri residenti malati, sospira ogni giorno sotto il giogo dei suoi dolori.”

“I laboratori in cui trascorrono le giornate tutti residenti che non siano costretti a letto sono troppo piccoli per il numero dei presenti e non possono essere adeguatamente aerati in quanto vi è un’unica finestra a un’estremità. Le camere da letto, inoltre, sono ancora più insalubri, poiché due persone dormono in ciascuna delle stanze chiuse di 9,5 metri cubi, che vengono utilizzate anche per riporre i loro vestiti e perfino le loro provviste. In generale, questi prodotti alimentari sono pesci stagionati e cose simili; ecco perché persiste un forte odore sgradevole quando le stanze sono tenute chiuse.”
(Medico militare Johan Hjort, 1833)

G
“Un uomo di 38 anni, affetto da lebbra anestetica.”

“Nessuno vuole stare sotto lo stesso tetto della persona affetta da lebbra, nessuno desidera pranzare o avere alcun contatto con tale persona. Normalmente viene evitata ed esclusa dalla sua famiglia e costretta a cercare un rifugio isolato dove, lasciata a se stessa, cadrà spesso nella povertà più assoluta. In un covo con un pavimento di terra umida (un deposito di patate), in una soffitta aperta o in una stalla, il povero individuo dovrà trascorrere i suoi giorni miserabili senza alcuna cura o conforto, finché la morte non porrà fine alla sua miserabile esistenza o per intervento misericordioso venga ammesso presso il St. Jørgens Hospital. Arriva spesso qui bagnato ed infreddolito, privo anche delle necessità più elementari, vestito di stracci che non hanno lasciato il suo corpo da mesi. Tanto è sporco e puzzolente che la gente gli sta lontano, il suo corpo sarà pieno di ferite che a causa della mancanza di cure sono diventate cancrenose o infestate dai vermi.”
(Medico dell’ospedale Daniel C. Danielssen, 1843)

H
“Una ragazza di 28 anni, i cui noduli sono diventati confluenti e ricoperti da spesse croste marrone-grigiastro, a volte anche spessi 5 cm. Se queste croste vengono rimosse, i noduli appaiono ulcerosi. In superficie, oltre che più in profondità nella massa nodulare, ci sono milioni di acari vivi, che presupponiamo essere acarus scabiei. Le croste non consistono praticamente in nient’altro che nei corpi morti di queste creature. I noduli che non hanno sviluppato crosta hanno, come la pelle sana rimanente, un colore marrone-grigiastro sporco.”

“Su 16 dei 21 morti è stata eseguita un’autopsia, mentre, per quanto riguarda i restanti 5, alcuni l’avevano rifiutata in precedenza personalmente, per altri è stata vietata dalla famiglia. Le descrizioni dell’autopsia sono state inserite nei registri obbligatori e sono state fatte copie delle note sia dei pazienti morti che di quelli dimessi. Sei campioni patologici sono conservati in alcol, mentre le altre anomalie riscontrate durante l’autopsia erano inadatte per la conservazione o non si è ottenuta l’autorizzazione a preservarle. Su richiesta dei residenti stessi, un altro paziente è sempre presente durante l’autopsia.”
(Medico dell’ospedale Daniel C. Danielssen, 1843)

I
“Una ragazza di 14 anni, le cui lesioni, o parti interessate della pelle, sono in qualche modo sollevate sopra la superficie della pelle; hanno acquisito un colore più bianco che non scompare se premuto con un dito. La rete capillare è satura di sangue. Ci sono piccoli noduli qua e là. Sono di un colore molto più pallido rispetto alle altre lesioni. Ha iniziato a perdere le sopracciglia.”

“Una volta che la lebbra ha colpito una famiglia, si diffonderà da tutte le parti e in un modo così terribile che nessun membro potrà mai sentirsi al sicuro. La malattia a volte può sembrare estinta in una famiglia affetta, poiché a volte un paio di generazioni possono evitarla, ma questa eradicazione è tutt’altro che reale: è solo un periodo di calma, un semplice sonno invernale dal quale l’aborrente nemico si risveglia con rinnovata forza, per attaccare la terza e la quarta generazione senza pietà; poiché la lebbra è una malattia che, lasciata sola, non morirà mai; insegue la vittima attraverso tutti i suoi figli e diffonde il suo veleno fino all’ultima generazione. Questa caratteristica ereditaria deve essere considerata la causa interiore della lebbra, una causa più terribile di qualsiasi altra; poiché sebbene possa benissimo passare inosservata in una famiglia, non la abbandonerà mai; si acquatterà nascondendosi, aspettando un’altra occasione favorevole per provocare la malattia in quanti l’hanno ereditata.”
(Medico dell’ospedale Daniel C. Danielssen, 1843)

J
“Erik Hansen a Haug. Suo padre è vedovo e contadino. Lavora per suo padre. Il paziente ha 30 anni. Sua madre è morta a causa di una malattia dell’utero all’età di 44 anni. Il padre è vivo, ha 65 anni e non soffre di lebbra. La casa in cui vive è estremamente salutare, su una scogliera a capo del Nordfjord, a non più di 4,5-6 metri sopra il livello del fiordo, su un terreno asciutto. Non è mai stato gravemente esposto al freddo, né ha mai mangiato aringhe marce, acide o altri cibi marci. Non ha mai indossato i vestiti di una persona colpita dalla lebbra.

A causa della malattia ha ora un aspetto repellente e brutto.

Desidera ardentemente essere ricoverato all’ospedale di Bergen, ma il padre ha pianto al pensiero di essere separato da un figlio così ben educato.”
(Dr Fredrik Eklund, 1879)

Foto: Le mani di Jacob Hendriksen Friborg (1856–1885) di Naustdal. Ricoverato a Pleiestiftelsen a Bergen il 31 dicembre 1871 all’età di 15 anni, vi rimase fino alla sua morte all’età di 29 anni. Dalle sue cartelle cliniche si evince che nell’estate del 1876 e nell’estate del 1878 andò a casa in licenza per circa due settimane.

K
“St. Jørgens, 10 maggio 1876.

Da quando il Signore ci ha separato allontanandoci a una distanza tale che ci è impossibile parlarci l’un l’altro, userò la mia penna per tenervi informati su come sto, date le circostanze, anche se non devo lamentarmi. Ma, cara sorella, purtroppo devo dirti che non ci vuole molto per lamentarci. Se il Signore potesse aprire i nostri occhi, avremmo sicuramente motivo di lamentarci dello stato dei nostri cuori. Vedremmo come Satana e i nostri peccati ci hanno devastato (…)”
(Lettera incompiuta di un paziente di St. Jørgens)

Foto: Ole Olsen Grove (1863–1885) della parrocchia di Voss. Venne ricoverato al Pleiestiftelsen di Bergen all’età di 16 anni il 21 aprile 1880. Quello stesso giorno venne ricoverata anche Martha Olsdatter Grove di 19 anni. Si può presupporre che fosse sua sorella. Ole Olsen Grove morì nel 1885 dopo aver vissuto nell’istituto per cinque anni, mentre il decesso di Martha risale a quattro anni prima.

L
Sogno di quando ero ragazzo,
di tutti i tempi felici di allora.
Vivere era una gioia.
Ma la fortuna ha rapidamente voltato faccia
e la tristezza ha preso il posto della gioia.
Per me e molti altri
questo è quanto il destino ha in serbo.

Non avevo ancora quindici anni.
La mente ricolma di gioie non raccontate.
Poi furono tutte spazzate via.
Il dolore mi ha sopraffatto e ha iniziato
a perforare rapidamente il midollo osseo e il cuore.
Oh! Era difficile sopportare
questo peso che mi è stato inflitto.

Allora mio padre Dio chiamò,
la sua sofferenza era giunta alla fine.
I suoi giorni sulla terra erano al termine.
Quattro figli in piedi attorno alla sua tomba
guardavano in silenzio con volti coraggiosi,
mentre le sue ossa stanche venivano deposte
nel loro luogo di riposo terrestre.

L’uno dall’altro ci dobbiamo separare
perché era chiaro persino nel cuore della madre
che io ero oneroso.
Ha tenuto lunghe ore di veglia,
e spesso volte ha pianto fino allo sfinimento
su di me e per altre prove,
come sai bene, mio Dio.

Per altre malattie trovate qui
appaiono sulla scena saggi dottori,
che capiscono le infermità.
All’ospedale vengono portati quei malati,
per la cui condizione si cerca una cura.
Così i loro mali sono alleviati,
 e tutte le loro ferite sono medicate.

Noi, tuttavia, non possiamo avere alcun dottore.
Qui dobbiamo restare, aspettare e agitarci,
 finché non sarà venuto il nostro momento.
Peter dalla prigione è fuggito
perché per grazia di Dio ha aspettato.
O Dio, rompi ora le catene che
legano i nostri arti con dolori.

A volte cammino dolcemente
nella casa silenziosa di sera:
suoni dolorosi io sento.
Uno grida amaramente “guai a me”.
Un altro sospira e geme
che lui deve strisciare via a letto.
Dimmi, Dio, per quanto tempo?

Uno è coperto di piaghe,
un altro è stupido e non parla più,
un terzo zoppica sulle stampelle,
un quarto la luce del giorno non può vedere.
Un quinto ha perso tutte le dita.
Sicuramente ora è chiaro
cosa dobbiamo soffrire qui.

Al St. Jørgens Hospital qui,
si patiscono enormi sofferenze,
nell’attesa di essere liberati.
O Spirito Santo, nostro affidabile timoniere,
guidaci attraverso
tutte le nostre sofferenze, e in paradiso conducici,
perché ci siamo liberati.

Da Un lamento, scritto da Peder Olsen Feidie, residente del St. Jørgens Hospital, 1835.

Foto: Nils Danielsen Sætre (1832–1885) venne ammesso al Pleiestiftelsen il 1° luglio 1857, il 12° paziente ricoverato all’istituto dalla sua apertura. Vi rimase per 28 anni. Morì il 13 dicembre 1885 all’età di 53 anni. Come molti altri residenti, Sætre è indicato come scapolo nelle cartelle cliniche dell’ospedale e nei registri della chiesa, dove viene descritto come il figlio di un contadino dalla parrocchia di Finaas.

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